18 Settembre 2019 | Leadership
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In azienda, in famiglia e nelle relazioni personali, l’obiettivo di ognuno di noi come guida dovrebbe essere quello di ottenere il meglio di sé per metterlo al proprio servizio e a beneficio di chi ci circonda; questo al fine di stimolare spontaneamente l’evoluzione personale, lo sviluppo dell’organizzazione e il benessere della collettività.
Se questa può essere una buona definizione di leadership, che cosa sta funzionando poco?
Negli ultimi anni, complice lo sviluppo di un’economia materialista e consumistica, il concetto di leadership è stato spesso associato a sostantivi come arroganza, durezza e senso di superiorità; tuttavia, come afferma il dott. Ryne Sherman, Chief Science Officer della Tulsa, Okla. company, “tali leader tendono a rovinare le aziende perché sono accentratori nel gestire, troppo sicuri di sé e poco inclini all’ascolto del feedback altrui”.
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dalle aspettative e dalle esigenze di coloro che vengono dai leader guidati: i collaboratori desiderano persone che prendano decisioni in modo determinato ma inclusivo, interpretino le situazioni con razionalità ed emotività ed emanino sicurezza e umiltà allo stesso tempo. L’elenco delle caratteristiche che compongono il concetto di leadership è talmente lungo e contraddittorio che all’aspirante leader è rimasto da chiedersi: “da dove iniziare?”
Un buon punto di partenza può essere un’analisi introspettiva sui motivi che ci spingono, nella vita privata così come in azienda, ad indossare consapevolmente le vesti del leader.
Alcune domande come “che cosa voglio che significhi, per me e per le persone che mi circondano, essere leader?” e “qual è la differenza che voglio fare, per me e per gli altri, nel mio ruolo di guida?” possono sostenerci nel rendere più chiaro a noi stessi, in primis, quale sia la nostra missione.
Di seguito vi invito a riflettere su come tre valori, genuina cura, umiltà e coraggio, possano trasformare questo ruolo da un lavoro spesso percepito come altero e mentale ad un lavoro in maggiore equilibrio con il cuore.
“Puoi avere la terra più ricca del mondo e il seme più sano del mondo, ma se quando lo pianti pensi di aver finito il tuo lavoro, hai sbagliato tutto. Il lavoro inizia lì, nel prenderti cura con amore ogni giorno della crescita di quel seme. E quando il germoglio uscirà dal terreno e tu penserai che il grosso è fatto, lì dovrai raddoppiare l’amore con il quale curi questa pianta: essa viene ora a contatto con le intemperie e ha ancora più bisogno di te. Molti pensano solo ai frutti, e si dimenticano che il frutto è un risultato che non va dato per scontato: senza radici forti, un tronco vigoroso e rami elastici, la pianta ti darà solo un po’ di ombra.”
Mio nonno aveva origini contadine, e mi raccontava sempre di quanto fosse importante prendersi cura delle cose importanti, riportandomi ogni volta l’esempio del seme. E’ stato una delle persone più premurose che abbia mai conosciuto e incarnava il concetto di cura in modo generoso. Salutava sempre le persone che incontrava e, quando parlava con qualcuno, prestava tutta la sua attenzione senza distrarsi, mostrando un interesse vivo e reale per ciò che la persona aveva da condividere. Noto, nei leader con i quali lavoro, che una forma di genuina cura attrae spontaneamente le persone. Questa competenza è efficace solo quando sviluppata in modo intrinseco e naturale, e non è parte di un ruolo recitato.
Alcune organizzazioni stanno iniziando a considerare l’umiltà nelle loro decisioni di assunzione e promozione, poiché l’umiltà è “un’abilità emotiva che dà origine ad un ascolto profondo, al rispetto delle opinioni diverse e alla volontà di accogliere suggerimenti e feedback“.
In uno studio svolto tra 1500 leader e i loro dipendenti, è stato scoperto che i leader umili, coloro i quali hanno aumentato la propria autoconsapevolezza, ottengono dai propri collaboratori un maggiore impegno e prestazioni più elevate.
Secondo i risultati della ricerca, “i leader con una profonda visione di sé dimostrano una buona comprensione dei propri bisogni, emozioni, capacità e comportamento. Si dimostrano inoltre proattivi di fronte alle sfide“.
La proattività richiede coraggio e, applicato alla leadership, ne possiamo identificare tre tipologie principali:
Infine, c’è un altro tipo di coraggio, ossia accettare il proprio ruolo in modo consapevole anche come qualcosa di più grande di sé, dove la parte tossica dell’ego si dissolve al servizio della propria squadra e dove ci si eclissa temporaneamente dietro le quinte per vedere le luci altrui brillare sul palcoscenico: il coraggio di prendersi la responsabilità della propria semina, perché quei frutti saranno futuri semi per chi verrà dopo.
Buona giornata,
Michele Prete
Bibliografia & articoli:
Kibeom Lee & Michael Ashton (2012). The H Factor of Personality – Why some people are manipulative, self-entitled, materialistic, and exploitive and why it matters for everyone. Paperback
Douglas LaBier, (2014). Why Humble, Empathic Business Leaders Are More Successful
Sue Shellenbarger (2018). The Best Bosses Are Humble Bosses – The Wall Street Journal
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