03 Novembre 2018 | Formazione
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Durante il corso della storia i talenti ed i geni hanno rappresentato spesso una chiave di volta nei momenti di maggiore difficoltà economica e socio culturale. Nel 1997 un breve articolo intitolato “The Problem of Excess Genius” apre a sorpresa una nuova pagina di questo dibattito.
L’autore, lo statista David Banks della Carnegie Mellon University, evidenzia nel suo saggio come i geni umani non appaiano in modo casuale attraverso il tempo e lo spazio, bensì tendano ad arrivare in gruppi ristretti e ben specifici.
Il primo esempio che Banks cita è quello di Atene tra il 440 e il 380 a.C.. Nella capitale Greca del tempo si alternano geni come Platone, Socrate, Erodoto, Euripide, Tucidide, Eschilo e Aristofane, tutti considerati padri della civiltà occidentale e tutti vissuti nello stesso luogo e momento storico.
Il secondo esempio è invece la Firenze dal 1440 al 1490 d.c.: cinquant’anni durante i quali si sono avvicendati artisti immortali come Michelangelo, Da Vinci, Ghirlandaio, Botticelli, Donatello e Ghiberti, solo per citarne alcuni. Banks esamina accuratamente le ragioni creatrici di quelle antiche fucine di geni e, dopo aver cercato di distillarne i fattori ed esser incappato in numerose contraddizioni, conclude il suo documento sottolineando come il fenomeno delle “sacche di geni” rimanga un mistero.
Ad aiutarci nella soluzione dell’enigma ci viene oggi in aiuto, direttamente dal nostro corpo, un nuovo elemento. La mielina è una sostanza grassa che forma una parte della materia bianca del sistema nervoso centrale. Prodotta dal cervello e dal midollo spinale fino all’inizio dell’età adulta, essa funge da isolante per le fibre nervose, proteggendole dai danni e consentendo loro di trasmettere, in modo rapido ed efficace, i segnali tra le cellule nervose. Un recente studio scientifico pubblicato a Gennaio 2018 evidenzia come la mielina abbia un ruolo fondamentale nell’apprendimento delle nuove competenze e capacità e come essa possa esser stimolata in modo efficace grazie a tre ingredienti fondamentali:
Torniamo alla Firenze del XV secolo ed esaminiamo più nel dettaglio la situazione alla luce di queste nuove informazioni. Le botteghe degli artisti all’epoca erano organizzate in Gilde, ovvero associazioni spontanee che si autoregolavano in termini di competitività e di controllo di qualità. Esse, oltre che esser costituite su basi solide di regolamenti e rigide procedure, eccellevano nella pratica dell’apprendistato per i giovani. Un ragazzo di sette anni aveva la possibilità di entrare in una bottega ed esser seguito direttamente dal Maestro per un periodo che durava da 5 a 10 anni. In questo arco temporale, il giovane apprendista imparava il lavoro direttamente dalla pratica costante e dalle basi: ad esempio la mescola dei pigmenti, la preparazione di una tela, la chimica dei colori e la realizzazione di un telaio in legno. Il tutto era gerarchicamente strutturato per far avanzare progressivamente il giovane attraverso i successivi gradi di apprendimento, creando una catena di mentoring e coaching a dir poco d’eccellenza: Leonardo Da Vinci studiò nella bottega del Verrocchio, il Verrocchio si formò con Donatello che a sua volta crebbe sotto l’ala del Ghiberti. Parallelamente Michelangelo studiò con il Ghirlandaio, che si formò dal Baldovinetti e così via. Ogni bottega visitava inoltre periodicamente le altre in un clima di competitiva cooperazione.
Un apprendista dell’epoca aveva quindi la possibilità di praticare in modo intenso e costante, facendo errori e tentativi continui, con la supervisione di un senior che gli assicurava costanti feedback di qualità, al fine di garantire il positivo sviluppo del singolo e della bottega nel comune sistema di miglioramento verso l’eccellenza artistica che inebriava tutta la città Toscana. Esaminando il fenomeno del Rinascimento Italiano, e unendolo con le nuove scoperte scientifiche sulle metodologie e le abilità di apprendimento, si comprende come il genio ed il talento siano tutt’altro che innati; al contrario diventano il frutto dell’applicazione costante dei tre fattori sopraccitati.
Una situazione impensabile al giorno d’oggi? Tutt’altro.
Ricordate il film “L’Arte di vincere” del 2011 con Brad Pitt? Racconta la storia di Bill James, l’uomo che ha rivoluzionato il mondo del Baseball Americano introducendo l’uso delle statistiche sabermetriche per la definizione oggettiva delle caratteristiche vincenti di un Team rispetto ad un altro. James commenta che al giorno d’oggi siamo perfettamente in grado di sviluppare talenti, il fatto è che lo facciamo quasi esclusivamente nello Sport: incoraggiamo i nostri ragazzi sin dalla giovane età e li avviciniamo a squadre ed associazioni che mettono loro a disposizione know how, pratica costante e feedback di miglioramento. Con step successivi di carriera e con allenamenti giornalieri dove la ricerca dell’eccellenza diventa una costante della pratica, possono arrivare ai massimi livelli.
Oggi più che mai necessitiamo di sistemi per far fiorire i talenti e far crescere i futuri manager, ed il nostro passato ci insegna che l’eccellenza è tutto fuorché frutto del caso. Essa è il risultato di un processo umano, costante e strutturato e, dato che il potenziale ed il talento risiedono in ogni individuo, questo processo può esser con successo replicato non solo nei campi sportivi, ma anche all’interno delle aziende.
Com’è strutturato il sistema di crescita e formazione nella vostra realtà lavorativa?
Buona giornata,
Michele Prete
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